La carezza: Il “tocco” nella professione del fisioterapista

Dott.ssa Marcella Gori
Medico chirurgo psicoterapeuta

Il linguaggio corporeo rappresenta una particolare dimensione comunicativa, senza la quale non sarebbe possibile
sperimentare le diverse dimensioni della vita nelle relazioni non solo affettive, ma anche in quelle familiari in genere, di
lavoro e amicali.

In origine la comunicazione rappresenta un evento corporeo, che ci accompagna all’incontro con l’altro nella
dimensione emozionale e la carezza ne è testimone; gesto semplice, ordinario e quasi automatico, ma non è affatto
questo il modo appropriato per poterla descrivere. La carezza permette di parlarci attraverso il contatto con il corpo in
quanto il tatto non è una semplice sensazione fisica, ma anche emozione e comunicazione e richiede apprendimento,
intuizione, pazienza, insistenza, novità e schiettezza.

La carezza è fatta non solo di contatto, ma anche di tempo e tempestività. La carezza se si presenta troppo incerta e
timida induce a credere che la persona che la pratica tema qualcosa. Se è troppo energica invece, può essere vissuta
come aggressiva. Ciò che deve possedere è la facoltà di andare al di là del silenzio percettivo e di essere vissuta appieno
nelle sue sfumature.

Rappresenta, nell’immaginario collettivo, la concretizzazione dell’affetto, la certezza dell’amore; è un gesto umano e
raffinato di cui non si può fare a meno.
Il significato della carezza si arricchisce ancora di più, quando il toccare gli altri diviene una professione, come nel caso
dei fisioterapisti. Credo si possa affermare che essi toccano il dolore, nella sua espressione corporea; infatti, nel loro
operare giornaliero carezzano e curano corpi malati e doloranti. Il contatto con la “carezza che cura” pone entrambi gli
individui di questa relazione terapeutica su di un piano privilegiato, dove vi può essere uno scambio umano oltre che
terapeutico. Ho usato scambio umano perché intendo una dimensione curativa in senso olistico del termine: la cura della
parte fisica del corpo che si vede, si tocca e si sente e la cura di quella parte che non si percepisce con i sensi fisici, ma
dà segnali di sé continuamente a chi si mette in ascolto di essa con strumenti giusti. Andare a “farsi massaggiare una
parte malata del corpo” è quindi qualcosa di più che portare a guarire un muscolo o una articolazione doloranti, vuol
dire, per me, cercare un contatto umano che sia capace di curare.

CAREZZA

L’attendo
nello sguardo che incontro,
come segno della mia esistenza
come segno di appartenenza.
La dono a lenire
le ferite di chi mi circonda
di chi ha sete di esistere.
Le ritrovo, tutte in me
a donarmi la raccolta
di sentimenti
che m’accompagnano
lungo la salita tortuosa,
sul cammino tra qui
e la prossima carezza.

(Noel Rouge)